oltre il gusto

IL GELATO E L’ INFLAZIONE PERCEPITA

In relazione alle tante notizie che hanno imperversato ultimamente sui mezzi di informazione riguardo all’aumento dei prezzi del gelato riportiamo alcune considerazioni espresse da Pierluigi D’Ambrosio, gelatiere di Mortegliano (UD) nell’articolo dal titolo “Il Gelato e l’inflazione percepita” pubblicato nel sito dell’ Associazione “Oltre il Gusto” dove è possibile leggerlo integralmente.

Da alcune settimane a questa parte, il gelato sembra divenuto il nuovo termine comparativo per misurare l’inflazione. Tutti noi, con un certo sgomento, abbiamo assistito all’assurda quantità di commenti, da parte dei media mainstream, sul prezzo del gelato.

Quanti gelati poteva comprare un lavoratore con la sua paga vent’anni fa, e quanti ne può comprare oggi, quanto costava il gelato negli anni ’70 e quanto costa oggi, e così via infierendo.

Perché il mainstream ha preso il gelato come termine di paragone inflattivo, e perché i gelatieri ne escono (al solito in questi casi) con un’immagine deteriorata?

A mio modesto parere, il gelato riveste nell’immaginario collettivo un ruolo privilegiato. Il gelato consola, il gelato appaga, il gelato emoziona, il gelato è un elemento assolutamente positivo nella vita delle persone. Come si permettono (le gelaterie) di renderlo così “caro” quando svolge una funzione “sociale”?!

In effetti, ciò che dicono le persone intervistate nei vari servizi TV, è che il gelato sta diventando qualcosa d’elitario, che la gelateria è divenuta una boutique dove acquistare, a caro prezzo, dieci minuti di relax e refrigerio.

Ma la situazione in cui si troviamo, secondo D’Ambrosio, illustrata anche con dei grafici, è legata da fattori più generali legati alla politica economica e monetaria.

Scopriamo così che nell’area Euro, in particolare in Italia, in Spagna, e in Grecia, le persone guadagnano di meno, in termini reali, rispetto a quindici anni fa (sì, le sanzioni funzionano!).

Quindi la percezione del consumatore che “il gelato costa troppo” è reale nella misura in cui lo stesso non ha abbastanza denaro per acquistarlo con la frequenza e nella quantità di un tempo.

Spiegare ai nostri clienti che una gelateria è un’impresa economica che non può scostarsi da precise esigenze di redditività e sostenibilità (non in senso ecologico) è un discorso difficile da condurre, anche perché i media hanno abbondantemente instillato l’idea che il gelato è “troppo” caro. Certamente avrete visto i commenti sul tema apparsi sui social media.

Non dico certo un’eresia affermando che le nostre imprese, come qualunque impresa economica, è soggetta a dei costi determinati dal sistema, dal mercato e dalla cogenza legale.

C’è ovviamente un punto di rottura oltre il quale non si può andare con l’escalation dei prezzi. Questo perché aumenta si l’inflazione, ma non il reddito effettivo dei lavoratori e dei pensionati. Allora c’è da chiedersi quale sia il reale scopo di questa ondata inflattiva, che come annunciato continuerà.

gelato artigianalePerdonatemi il sospetto, il fine ultimo è quello di spazzare via tutta la microimpresa che caratterizza il sistema economico europeo ed in particolare quello italiano?

Avremmo così le condizioni perfette per spalancare le porte a tutte le multinazionali che non aspettano altra occasione per inserirsi prepotentemente in un ulteriore spazio di mercato .

Così i vostri (ex) clienti potranno allegramente degustare i gelati di Ben e Jerry’s ricordando quanto erano migliori quelli che facevate voi, e che costavano anche di meno alla fin fine. Ma ormai la vostra gelateria non esiste più…

Appare evidente che non è il gelato ad essere caro, ma è il sistema (con tutti gli annessi e connessi) che ha depauperato le tasche delle persone. Giorno dopo giorno, con azioni sistematiche e di piccola portata, ma che alla lunga rivelano tutta la reale dimensione catastrofica della crisi.

Cerchiamo di rimanere attenti e critici, e vigiliamo affinché non distruggano l’immagine e l’economia di una categoria che ha la sua importanza sia in termini economici che culturali.

Pierluigi D’Ambrosio